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La psicopatologia fenomenologica è parte del movimento novecentesco teso a restituire alla follia quel suo significato umano che lo scientismo otto-novecentesco le aveva sottratto riducendola a demenza. Di questa psicopatologia riterrei l'essenziale di un'esperienza annosa di libri e di matti e cioè il suo cogliere il senso della follia nell'avatar di quelle strutture che reggono l'esistere di tutti noi. In particolare quelle della Lebenswelt che ha segnato una svolta col situare il nucleo della follia nelle prime esperienze di un soggetto rimasto alla sua primitiva abitualità animale e al suo tempo ciclico; e che con questi mezzi si trova spaesato ad avventurarsi e crescere poi nel mondo socio-culturale dal paradigma egoico molto diverso e dalla non meno diversa temporalità lineare-evolutiva. Come dire che un alienato non è un banale disadattato al mondo condiviso ma è individuo di altro mondo che col mondo condiviso deve fare i conti. La follia è questo conflitto, i tentativi di aggiustarlo, la sofferenza di viverlo, la consapevolezza di esservi preso come in un destino a volte subito, a volte rifiutato, spesso mascherato fra ipocrisia, rinuncia, speranza, sarcasmo e violenza.